Italian cinema Recensione Special & Dossier

Mafioso: il primo film a parlare di mafia come una piaga attuale

Mafioso: trama del film, immagini, recensione, video, dove vederlo

Il film Mafioso, interpretato da Alberto Sordi, è tra le opere più celebri di Alberto Lattuada ma allo stesso tempo una perla un po’ dimenticata del grande cinema italiano degli anni 60, decennio a cui Il Sorpasso Cinema sta per dedicare il suo consueto speciale (qui trovate quello sugli anni 50). Rara pellicola in cui il divertimento e l’inquietudine si intrecciano mirabilmente, creando indignazione. Col progredire della narrazione ci allontaniamo dai lidi confortanti della commedia per inoltrarci nell’assurdo, in territori oscuri e spiacevoli che sono però realistici. Scritto da Marco Ferreri (che avrebbe dovuto dirigerlo) con Rafael Azcona, Age & Scarpelli da un soggetto di Bruno Caruso, fu girato nell’estate del 1962 a Belmonte Mezzagno, Bagheria (Villa Palagonia), Roma, New York e il New Jersey e uscì il 25 ottobre dello stesso anno. Nel 1962 uscirono anche Il Sorpasso, Mamma Roma, L’eclisse, Salvatore Giuliano. Quest’ultimo racconta la storia del bandito ucciso a Castelvetrano (TP) il 5 luglio 1950 mentre il film di Lattuada è calato nella contemporaneità e inserisce nella sceneggiatura (vedi 5 curiosità) un delitto avvenuto pochi anni prima.

Prodotto da Tonino Cervi e Dino De Laurentiis. Fotografia di Armando Nannuzzi, musiche di Piero Piccioni, scenografia di Carlo Egidi, montaggio di Nino Baragli. Primo premio al Festival di San Sebastián, fu un buon successo di pubblico (quarto incasso italiano dell’anno con 3,8 milioni di spettatori).

Cast: Alberto Sordi, Norma Bengell, Gabriella Conti, Ugo Attanasio, Cinzia Bruno, Katiuscia Piretti, Armando Thinè, Lilly Bistrattin, Carmelo Oliviero, Francesco Lo Briglio, Michele Bally

Bianco e nero – Durata: 1 h e 46′

Trama di Mafioso di Alberto Lattuada

Antonio Badalamenti, siciliano immigrato a Milano, ritorna in Sicilia dopo molti anni per una vacanza con la moglie Marta e le due figliolette. Caporeparto di una fabbrica di automobili a Lambrate, “Nino” è incaricato dal suo direttore di consegnare un pacchetto da recapitare a Don Vincenzo, una vecchia comune conoscenza. Dopo il lungo viaggio in treno, l’entusiasmo iniziale e il difficile adattamento della moglie milanese al contesto, la mafia costringe subdolamente il disorientato Nino ad ubbidire ad un ordine. Facendo ritorno alle radici e al suo passato Nino ripiomba nelle atroci realtà dalle quali si era allontanato e nuovamente intrappolato rimarrà segnato in maniera indelebile.

Mafioso, recensione del film (No spoiler)

Questa brillante commedia nera di 60 anni fa contrappone l’Italia industriale e moderna a quella rurare e antiquata, andando molto oltre. Mafioso è in parte una farsa di scontro culturale e in parte un incubo esistenziale che riesce sia a divertire che a far riflettere sulla coscienza del protagonista messo a dura prova con se stesso. Fu il primo film italiano a guardare con franchezza a Cosa Nostra, probabilmente il più coraggioso ed esplicito, che ebbe la sfortuna critica di uscire nello stesso anno di Salvatore Giuliano di Francesco Rosi, Orso d’argento per il miglior regista al Festival di Berlino. Sempre nel 1962 uscì Un uomo da bruciare con Gian Maria Volontè nei panni del sindacalista Salvatore Carnevale, ucciso dalla mafia nel 1955. Unico antesignano fu il film di Pietro Germi In nome della legge (1949) che a dire il vero forniva un finale ideologicamente ambiguo e discutibile. Anche lo scrittore Leonardo Sciascia rimproverò al regista di accreditare un’immagine della mafia ispirata da una profonda vocazione alla giustizia.

Mafioso è anche uno dei gangster-movie preferiti da Martin Scorsese e testimonia il talento del sottovalutato Alberto Lattuada, capace di raccontare una storia lineare con diverse sottotrame scottanti con originalità anche stilistica (il viaggio nella cassa), arrivando a un finale amaro e cupo. L’atmosfera kafkiana del vigliacco mafioso ricorda quella del suo Il cappotto (1952) ma ancora più eccessiva. Nonostante qualche piccola caduta di ritmo la qualità della regia, fredda e asciutta, è dunque innegabile. Alberto Sordi, all’apice del successo, è bravissimo nella parte di un uomo onesto messo alle strette da un sistema più grande di lui, critica feroce verso una comunità che non riesce ad emanciparsi dalla zavorra dell’onore malavitoso. Nino, sempre disposto a sacrificarsi per l’azienda, non è un uomo libero all’interno del preciso meccanismo della fabbrica ma non lo è nemmeno in vacanza nella sua terra natìa. Nella vasta galleria dell’attore è forse il suo personaggio più amorale, anche se fino all’ultimo è tenuto all’oscuro di tutto. Il tipico folklore siciliano è messo in evidenza dai costumi e dalle abitudini della gente del posto, tra pasti interminabili e diffidenza nei confronti del forestiero. Interessante anche come viene vista nella Sicilia dell’epoca l’emancipazione di una donna che fuma. A tal proposito potete vedere la sequenza.

Il film inoltre rivela, in modo sorprendente per l’epoca, la connessione su larga scala del banditismo meridionale con gli industriali del Nord (il proprietario della fabbrica italo-americano), a sua volta alleato con il ramo americano di origine siciliana. Implicitamente è in questione anche il miracolo economico (“Il boom”) dell’Italia: vale a dire il sottosviluppo strutturale del Mezzogiorno e i rapporti di dipendenza consapevolmente mantenuti. La fotografia, violenta e contrastante tra il sole esposto e le ombre notturne, coglie fedelmente le contraddizioni di un’isola la cui bellezza non riesce a mascherare la profonda durezza di personaggi e situazioni. Nella sua essenza Mafioso mostra la normalità con la quale il pensiero malavitoso si insinua nel tessuto sociale, come riceve attenzione e approvazione plasmando la mentalità e la percezione individuale. Una volta instauratosi, tornerà a bussare alle porte della coscienza chiedendo un tributo al quale non si può fuggire. Come la famosissima “proposta che non si può rifiutare” del capolavoro di Francis Ford Coppola.

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Mafioso: 5 Curiosità sul film con Alberto Sordi

  • Il titolo di lavorazione era Viaggio in America.
  • La località di Càlamo è di pura fantasia, probabilmente un anagramma della reale cittadina di Alcamo (TP) o la versione ridotta di Calamonaci (AG).
  • Il cognome del protagonista, Badalamenti, è omonimo del vero boss dell’epoca Gaetano Badalamenti.
  • La figura di Don Vincenzo è ispirata a quella di diversi capimafia dell’epoca, da don Calogero Vizzini Vincenzo Rimi.
  • La scena dell’omicidio nella sala da barbiere è ispirata al celebre delitto ai danni del gangster italo-americano Albert Anastasia, freddato da un killer sconosciuto nel 1957, il 25 ottobre (data scelta per l’uscita in sala). La scena è ripresa nel celeberrimo Il Padrino e citata anche da Roberto Benigni in Johnny Stecchino. Sordi ha interpretato anche il film di Steno del 1973 Anastasia mio fratello.

Trailer internazionale qui.

Puoi acquistarlo qui.

La mafia immaginaria. Settant’anni di Cosa Nostra al cinema (1949-2019) di Emiliano Morreale

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