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È stata la mano di Dio: Sorrentino Cult o Scult?

Una pellicola prodotta da Netflix che ha suscitato centinaia di reazioni, diverse tra loro: ecco ora la nostra recensione, volutamente sconnessa e sfilacciata, che solleva domande e dubbi. Non è così il film stesso? Leggete e dite la vostra.

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Paolo Sorrentino torna a Napoli a vent’anni dall’esordio con L’uomo in più, rinuncia a virtuosismi registici a volte sterili ed estetizzanti (ad eccezione dell’interessante piano sequenza iniziale) e gira il suo film più intimo e personale, prendendo spunto dall’autobiografismo. L’evento centrale del racconto è la sua “grande disgrazia”, la tragica morte di entrambi i genitori nel 1986, quando il futuro cineasta da Oscar era solo un adolescente (è nato nel 1970). Da qui lo spunto per parlare di questo delicato momento della vita di chiunque, la formazione di un carattere, di una visione del mondo. Un mondo fatto di famiglia, amici, passioni come il cinema o il calcio o la musica (dal cui fedele walkman esce solamente una canzone, nel finale: Napule è di Pino Daniele). Le due grandi muse sono dunque Napoli e Diego Armando Maradona, insieme alla zia Patrizia (interpretata da Luisa Ranieri che concede il secondo nudo integrale dopo quello dell’episodio di Michelangelo Antonioni in Eros, nel 2004) forse il personaggio più interessante dell’opera, esibizionista al limite delle donne felliniane. Altri numi tutelari sono infatti il solito Federico Fellini (che viene rappresentato solamente fuori campo durante uno dei suoi caratteristici casting) e Antonio Capuano, regista partenopeo che esordì nel 1991 con Vito e gli altri (è volutamente anacronistico?) e col quale Paolo Sorrentino ebbe occasione di lavorare, elevandolo a suo mentore.

Altro elemento fondamentale del film è il mare – dal quale si introduce Napoli – importante in alcune scene tra le quali il commiato dal fratello e quella esplicita e didascalica con Capuano, che sprona il giovane Fabietto a diventare Fabio, a trovare qualcosa da raccontare e a non disunirsi (entrambi si tuffano a fine scena). Molte sequenze del film sono farsesche al limite del grottesco: “la realtà è deludente” afferma lo zio Alfredo di Renato Carpentieri (per il Maestro di Rimini è “scadente”, per la Baronessa tutto è una “cafonata”) e come sempre il regista la deforma e la plasma a suo piacimento raccontandoci anche (come mancare l’occasione?) la perdita della verginità del protagonista con un’attempata vicina di casa, la Baronessa, dopo averle pettinato la vagina. Molti personaggi abbozzati e alcuni macchiettistici, primo su tutti il nuovo fidanzato della sorella del papà di Fabietto, che Toni Servillo bullizza esclamando senza remore “E’ brutto come la merda”. Quest’ultimo è un padre fedifrago (ma l’amante viene celata, nel film è importantissimo il fuori campo) la cui moglie (Teresa Saponangelo) si rifugia in vezzi e lazzi (la giocoleria con le arance, lo scherzo telefonico agli stereotipatissimi vicini altoatesini, quello da infarto al marito per il quale ha persino pagato tre persone). E in tutto il film la tragedia per essere sopportata e retta si maschera da commedia, farsa, sberleffo: dal pene disegnato in ascensore per far ridere la donna che piange all’insulto gratuito al ragazzino occhialuto subito dopo la scoperta dell’incidente. Un vero e proprio atto di bullismo questa volta, che suscita amare e sardoniche risate per sfogo, come reazione a tristezza e lacrime. Dopo una prima parte più omogenea e organica il film ha il suo midpoint col goal di mano del campione e con la disgrazia autobiografica, per poi sfilacciare la trama in una serie di episodi non tutti ben integrati nella poetica già disorganica dell’autore che ormai tutti conosciamo. Un piccolo film ombelicale (cosidetto “minore”) o un piccolo capolavoro? Per Il Sorpasso Cinema nè l’uno nè l’altro. A tratti un cinema più riuscito del solito, a tratti momenti poco convincenti: si può ridere e persino piangere, per noi non è stato così.

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Il goal per “mano de Dios” del 22 giugno 1986 è un perfetto connubio tra sacro e profano, un po’ come il cinema di Paolo Sorrentino, imperfetto per sua stessa volontà. Un gesto scorretto, contrario al regolamento e quindi da condannare viene divinizzato così come il suo autore: Maradona come San Gennaro, come il Monaciello, come Sorrentino (?). Ma non rimane il dubbio che in realtà (volente o nolente), sia stata la “mano dell’arbitro” (come di un certo pubblico) a favorire il successo e a conti fatti persino la vittoria (del Mondiale come dell’Oscar)? Il regista predilige un cinema libero e personale (che in questo caso sia perfino intimista e autobiografico non è importante), i suoi film sono pieni di elementi che strabordano, elementi eccessivi come lo sono Napoli e Maradona, digressioni che possono essere oggettivamente inutili ma che lui vuole che ci siano; scene, personaggi e interi blocchi di film che stonano, che persino appesantiscono. La ripetizione è in tutto il film, esasperata nella frase “Me li dovete far vedere”. Alcuni Maestri creano triangoli rettangoli (Kubrick), altri scaleni (Godard), Sorrentino è di quest’ultima corrente e infarcisce la pellicola di rimandi ad almeno una decina di capolavori di Fellini, che creava rettangoli scaleni talmente nuovi, unici e personali da diventare rettangoli. Ma 8 e mezzo o 2001: odissea nello spazio possono definirsi “cerchi perfetti”? Nemmeno Giotto li faceva davvero. Per quale motivo questo film dovrebbe essere un capolavoro?

E’ stata la mano di Dio è un capolavoro soprattutto per i fans (per lo stesso motivo per cui è facile dire “genio” al giorno d’oggi) ed è una “schifezza” per i detrattori. La verità sta nel mezzo e una scena può essere sublime quanto trash: la Baronessa che si fa spazzolare la “spaccatura” e dona il sacro facendosi profanare da Fabietto. Momento cult? Scult? Vi siete mai chiesti come è stato possibile che Sorrentino avesse girato in quel modo la scena dell’incidente d’auto in Le conseguenze dell’amore, un momento fondamentale di una delle sue migliori sceneggiature? E in quest’ultimo, perchè la zia lancia la batteria dalla finestra nel finale? E la sorella sempre fuori campo che alla fine esce dal bagno piangendo? Guernica di Picasso è una magistrale opera d’arte perchè lo affermano i critici all’unisono? Questo film è pieno di cose, se state leggendo lo avete visto: una cifra di personaggi – di cui due muoiono e due vengono arrestati – e un protagonista passivo, che compie poche azioni, subisce gli eventi, si fa trascinare, fa pochissime scelte (ma essenziali: vedere la partita con l’Empoli, trasferirsi a Roma). Filippo Scotti, premiato a Venezia, è davvero così bravo a veicolare le emozioni attraversando l’opera in quel modo e con quei toni o è invece piuttosto debole, non incisivo, il vero difetto di essa?

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Ci sono cose che Fabietto tenta di fare e non ci riesce, come vedere la VHS di C’era una volta in America di Sergio Leone (quando finalmente la inserisce nel videoregistratore viene convocato dalla Baronessa). Il film ricorda altri registi e film degli ultimi decenni del cinema italiano senza realmente assomigliare a nessuno: Moretti (Caro Diario, La stanza del figlio), Guadagnino (Chiamami col tuo nome), Garrone (Reality), Bertolucci (Io ballo da sola) ma anche Scola, Amelio e altri. Per alcuni spettatori questo è il peggior film di Sorrentino insieme a Loro (e per molti insieme a This must be the place), per altri uno dei migliori, pieno di emozioni, che colpisce, rievoca ricordi, diverte e commuove. Stiamo parlando di un regista molto sopravvalutato, a cominciare dal suo premiatissimo La grande bellezza? Entrambi condividono una seconda parte più stanca, quasi “disunita”. Che non mantiene le promesse/premesse. Forse, semplicemente tutto il cinema di Sorrentino ha delle cose molto buone (soprattutto i primi quattro film) e delle cose deludenti (principalmente i successivi).

Fabietto/Paolo racconta molto poco di sè, non rivela segreti allo spettatore e non si sa bene perchè ami così tanto il cinema (dice a Capuano di aver visto pochissimi film: ci si avvicina solo perchè il fratello prova la carriera d’attore?). Il protagonista guarda, ascolta, assorbe, gioisce e soffre. Ancora non sa, non capisce, non sceglie. La seconda parte del film è tutta sulle spalle di Fabietto: pesa volutamente (?) l’assenza dei genitori. Se si entra in empatia col ragazzo il film riesce ad interessare e quindi emozionare, altrimenti risulta difficile da seguire e comprendere. Ma come si empatizza con questo personaggio orfano, quali colonne abbiamo a disposizione per reggere il peso del vuoto che lo schiaccia? Da spettatori cominciamo a farci domande, molte senza risposte. Tra le quali, conoscendo il Fabio/Paolo di oggi: perchè il discorso sulla sua passione per la settima arte scaturisce dallo sbotto di Capuano che denigra e flagella pubblicamente Yulia, la giovane attrice? Il film comincia con una scena chiaramente onirica (solo la zia vede San Gennaro, che se fosse un impostore non potrebbe conoscere dettagli privati) e venti minuti dopo s’insinua il dilemma (futile per moltissimi): davvero Maradona sarà acquistato dalla squadra del Napoli? Si passa subito all’attesa per Aldo, il fidanzato di Luisella e poi a ciò che sembra essere il conflitto fondamentale dell’intreccio, quello tra i genitori di Fabietto. Essi si amano al punto da ricorrere, fino alla morte, ad un tenero richiamo d’amore ma lui la tradisce con una collega, la signora Villa. Lei lo sa, fa finta di niente ma a volte ne soffre e perde le staffe; ed esiste persino un figlio di 8 anni, un fratellastro di Fabio di cui, dopo questa rivelazione, non si sa più nulla! Altre contraddizioni, banalità e assurdità costellano la pellicola (sono elencate qui sotto) che per altri versi ha molto coraggio, una grande forza e una certa coerenza.

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Perciò: finale di recensione con cose a casaccio (come l’opera?). Per certi versi nel film ci sono aspetti controversi e una discreta trasgressione. Una riflessione generale: se ci pensate la figura femminile, spesso esposta e strumentalizzata, esce molto male dal cinema di Paolo Sorrentino. In tempi come questi non lo ha fatto notare nessuno?

Fabio ascolta il padre che gli consiglia che per perdere la verginità “pure un cesso va bene”, quando racconta della cinquantenne che dava lunghi baci sulla bocca. La zia è la Musa di Fabio e gli suscita timide erezioni ma egli preferirebbe Maradona al Napoli che una notte con lei. La signora Gentile (che dice sempre parolacce) al funerale recita Dante. Il fratello gli parla di perseveranza prendendo come esempio il fuoriclasse argentino. La sorella Daniela è in bagno anche durante il funerale dei genitori. La madre tradita si limita a fare uno scherzo al marito per vendicarsi. Il compleanno di Fabio è un giorno un po’ inutile ma egli riceve in regalo l’abbonamento allo stadio; uno dei suoi migliori amici è Mario (Lino Musella), un cretino buffo. Il pelo della Ranieri in barca serve ad evocare quello celato che Fabio deve spazzolare (infatti il nome esclamato durante l’atto sessuale è Patrizia). Finalmente uomo (la Baronessa gli da “una mano a guardare il futuro”) Fabio non compie il gesto di fumare ma in compenso riesce a piangere, in mezzo a tutti. La prima immagine in cui si vede Fabio (ricordata poi in un breve flashback) è di felicità: insieme ai suoi genitori trasgrediscono la legge allegramente, in tre in motorino.

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Yulia, anch’ella con capezzoli in vista, recita sul palco “Quando la morte verrà a prendermi io non mi farò trovare” (come non pensare alla mancata gita a Roccaraso?). Capuano (volgarissimo) tra le altre cose le dice “ti sei sfilacciata”. Il giovane contrabbandiere Armando (che afferma “Io non sono pazzo…sono giovane”) ha una sorella (sarà così?) che in reggiseno e calconzini slacciati lo lava con una spugna (è Cristiana Dell’Anna, Patrizia nella serie Gomorra). Lo sceicco con una volgare mignotta (indicato come “l’uomo più ricco del mondo”) a cosa serve? Del viaggio a Stromboli si vedono solo delle nudiste che prendono il sole con le tette al vento e poi della gente si tuffa mentre “la nave va”. Lo zio Alfredo definisce il gesto del titolo geniale, un atto politico, rivoluzionario, ed è un vanto che segnando di mano Diego abbia umiliato gli avversari. Nonostante i 200 Km all’ora quel “tuff tuff” ha una dolcezza pacata.

D.M.

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(1) Commento

  1. […] Sorrentino è candidato nella sezione Miglior Film Straniero con E’ stata la mano di Dio ( -> leggi la nostra recensione). Le statuette verranno assegnate domenica 9 gennaio. Su questa pagina potrete leggere i […]

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